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Digressione

Da più di 20 anni vediamo ruotare il dibattito autunnale attorno alle vicissitudini di Berlusconi, ai suoi flirt da aitante anziano, ai processi che lo riguardano (io ne aprirei uno solo per aver dato il colpo di grazia al nostro Paese). Quasi come fosse un rituale, un anniversario da celebrare insomma. Il governo dalle larghe, intese emblema di come non esista alcuna differenza tra centro- sinistra e centro- destra, si diverte giocando a litigare su Mister B, tentando goffamente di nascondere gli eguali interessi perseguiti e l’obiettivo di continuare ad applicare le spietate manovre economiche imposte dal fiscal compact da qui ai prossimi mesi, aumentando sempre più le distanze che già esistono dai palazzi del potere alle strade, le piazze, e da tutto quello che riguarda il nostro vissuto quotidiano. Battibecchi insensati trasmessi in tv, promesse fasulle che appaiono sulle prime pagine dei giornali per rassicurare l’uscita prossima dalla crisi dove stiamo annegando; mentre le città restano coperte dai rifiuti, le periferie diventano discariche e sono in un totale stato di abbandono, nodi industriali divenuti ormai fantasma. Un divario, quello tra chi è morso dalle difficoltà economiche e fra coloro che vivono nel massimo agio possibile, che aumenta al crescere del debito e delle politiche di austerity; della disoccupazione di migliaia di lavoratori e lavoratrici, delle condizioni umilianti di precarie e precari, le tasche sempre più leggere di cittadine e cittadini. Un divario che lascia carta bianca ai palazzinari, alla speculazione edilizia che devasta i territori costruendo opere spesso lasciate a metà, inutili o nocive come degli inceneritori, colpevoli dei tassi di tumore in percentuali altissime in zone magari neanche industrializzate.

Storie di tutti i giorni, a cui forse ci siamo abituati camminando per strada o fermandoci a parlare con conoscent@, ma poste in secondo piano dinanzi agli intrallazzi di quattro politicanti ai quali si è smesso di dare retta.  Episodi di tutti i giorni sparsi come focolai anche oltre i confini europei, dove sono nati movimenti di lotta frutto di un agire e un volere comune, capaci di sconvolgere gli assi costituiti e un equilibrio troppo in bilico per la maggioranza: il popolo.

In Italia chi non ha voluto restare inerme davanti al ricatto del debito, chi ha deciso di alzare la testa di fronte al sistema repressivo e opprimente messo in scena dal governo italiano con il patrocinio dell’Ue ha investito nella settimana di mobilitazione appena trascorsa.
Sette giorni intensi per rispondere che “Non è il nostro debito, quindi lo pagasse chi lo ha inventato”. Sette giorni che personalmente, non sono cominciati con la manifestazione “Costituzione: la nostra via maestra” chiamata da Landini e Rodotà, ma con le lotte territoriali e ambientali che hanno visto una serie di azioni e mobilitazioni dislocate su tutto il territorio lanciate dal campeggio dell’Amiata di questa estate, a difesa dell’ambiente e dei beni comuni. “Bene comune”, termine ripetuto anche dai due “difensori” del testo costituzionale, oramai svuotato dal suo significato originario. Il corteo dei “buoni, a difesa della legalità” che probabilmente ha oscurato i movimenti territoriali di quella giornata impegnati ad evidenziare il problema dei rifiuti, e montata su un concetto di “rispetto delle regole” diverso da quello in cui credo insieme ai miei compagni e alle mie compagne. Un senso di legalità che è distante dalla giustizia sociale richiesta dalla popolazione; come lontano anni luce è dai cambiamenti avvenuti, nel bene e nel male, in 65 anni di storia. Una scatola vuota posta in netta discordanza dal desiderio di rinnovare spazi che siano veramente democratici e luogo di crescita ed emancipazione collettiva che sicuramente nulla ha a che vedere con quella difesa di una carta costituzionale datata 1 gennaio 1948, dove sono stati fissati cardini economici secondo una chiave fordista, dove la famiglia è intesa ancora in senso “naturale” che tanto piaceva alla Dc e alla Chiesa. Una Costituzione dove non è più garantito il diritto allo studio a tutti e a tutte perchè sono state decimante le borse di studio, gli alloggi per lasciare il posto a scuole di eccellenza, logica del merito, tasse e costi dei libri sempre più alte. Una carta costituzionale che ha visto smatellare l’art. 18, garante del lavoro e oramai con un incipit cambiato “L’Italia è una Repubblica fondata sulla disoccupazione, la precarietà, la cassa-integrazione (fin quando c’è)”. Un testo costituzionale disinteressato al diritto alla salute. Una volta l’art. 32 recitava ” La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.” Salute bene comune. Una volta, magari.. quando non si seppellivano tonnellate di scorie o di materiale tossico nei terreni agricoli che hanno inquinato le falde acquifere avvelenando e spargendo il cancro qua e la tra tutti noi. Tagli alla sanità pubblica effettuati all’ombra dell’austerity che però reperisce il denaro per finanziare cliniche private ma chiude ospedali e consultori; obiettori di coscienza inseriti nelle strutture pubbliche ancora in piedi che impediscono di praticare l’aborto o il reperimento della pillola del giorno dopo per evitare di restare incinta (e di questi tempi mi spiegassero lo Stato o i bigotti/ bigotte di turno come cresco la pupa o il pupo), mettendo in discussione la libertà di essere donna e le scelte da noi prese.

Una Costituzione che ha rimosso il senso di stato sociale, di diritto per lasciare il posto alla ad una norma che prevede il pareggio di bilancio, giusto per proteggere gli interessi dei mercati internazionali e creare profitti sulle nostre vite. Quindi una manifestazione a difesa di un pezzo di carta divenuto simulacro e noncurante dei soggetti a cui si rivolge, dei diritti spettanti anche ai migranti, delle questioni di genere lasciate in mano ad uno strumento che miscela autorismo e liberismo in un unico frullato.

Settimana di mobilitazione intensa, dicevamo.. settimana che è ha raggiunto la sua seconda tappa martedì 15 ottobre, giornata mondiale contro il debito. Università, supermercati, luoghi della cultura, cassa depositi e prestiti (istituto che presta finanzia i comuni secondo tassi di mercato lasciando che si indebito con le banche al solo scopo di privatizzare beni e servizi pubblici con i soldi che ottengono dai 24.000.000 di cittadin@ che depositano i propri risparmi alle poste) sono stati sanzionati per dire che questo debito non è il nostro, che al ricatto dei soldi che non ci sono e all’aumento delle tasse e dei costi di iva e beni primari non cediamo più.

La risposta al dramma sociale attraversato dalla nostra storia attuale dovrebbe passare per la politicizzazione delle varie soggettività oppresse, vivendo esperienze portate avanti secondo forme di democrazia radicale che possano opporsi alla crisi della rappresentanza e all’assenza delle istituzioni, costruendo meccanismi di partecipazione reali e aperti per contrastare la crisi seguendo l’unica via maestra conosciuta: l’autorganizzazione e la mobilitazione collettiva.

Un processo sicuramente lungo che dopo la manifestazione di  venerdì 18 ottobre che ha visto scendere in piazza i sindacati di base, ma soprattutto dopo sabato 19 ottobre, il temibile giorno della guerriglia urbana urlata dai giornali al servizio del potere da almeno un mese, probabilmente sarà possibile. Un corteo che ha visto scendere in piazza 70.000 persone, contrariamente ai pronostici della questura che ne voleva soltanto 20.000 e alle previsioni catastrofiche messe in atto dal terrorismo psicologico mediatico che avrebbe voluto la gente a casa. Così non è stato. Nessuna vetrina distrutta, nessun black bloc: solo una scaramuccia davanti al ministero dell’economia che, per pararsi dalla pessima figura fatta, i giornali stanno gonfiando a dismisura definendola addirittura guerriglia urbana (vedi “Il Messaggero”); tacendo su un gruppo di fascisti che hanno aggredito la troupe di Servizio Pubblico, armati di caschi e spranghe e che nessuna guardia ha arrestato o mandato indietro, ma ha invece protetto. Un unico grande coro per rivendicare che la nostra Europa non ha confini e non esistono clandestin@, che vogliamo avere un reddito e ci opponiamo all’aumento dei costi della vita, ribadendo che tutti e tutte devono avere una casa e un lavoro per vivere in maniera dignitosa.

Un corteo che dichiara la grande vittoria dei movimenti, capaci di portare avanti le proprie istanze senza dover delegare al politico chiacchierone di turno. Una grande manifestazione che ha mostrato il vero volto dei centri sociali, dei No Tav spesso accusati di essere terroristi e devastatori. Un movimento che si spera si allarghi e continui. Un maxi corteo che ha visto il malessere sociale scendere in piazza per rivendicare che ci riprenderemo ogni cosa che ci hanno tolto in anni di tagli e di austerità. La piazza che si stringe, che non teme la repressione, che si sente unita contro chi ci vuole sconfitt@ e succubi di governi piegati dalle logiche capitalistiche.

Il 19 non è stato il culmine di una settimana intensa, ma l’inizio di un qualcosa che sveglierà le coscienze dormienti di questo Paese.

#19O: fine di una settimana di mobilitazione. Inizio di quello che sarà

 

Nell’Italia dalle civili incoerenze

«La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale.»

Queste le parole che Amnesty International dedica all’Italia all’indomani dell’apertura del processo sui fatti avvenuti nella scuola media “Armando Diaz” e nel <<lager>> di Bolzaneto durante il G8 di Genova 2001 che, a distanza di 13 anni, resta ancora una ferita da cui esce un sangue vivo più che mai quando pensiamo a Carlo Giuliani.

Parole dure che mostrano il vero volto di un Paese che ama definirsi civile, all’avanguardia, attento ai diritti dei suoi cittadini e delle sue cittadine, ma nel concreto fin troppo spesso operante in una direzione opposta.
Uno Stato malato in possesso di una Costituzione sulla carta definibile pefetta, impeccabile. Ma non viene rispettato più neanche uno soltanto dei suoi articoli, ed è sempre più violata la sua esistenza messa oramai in ridicolo.

Un’Italia che si dichiarò essere antifascista, fondata su valori anti- razzisti e anti-discriminatori. Un’Italia che invece apprezza i raduni neofascisti, permette marce di gruppi appartenenti all’estrema destra di mezza Europa, fa entrare i fascisti nelle Università e in ogni posto punendo chi si oppone; dove sindaci di centro- sinistra (che qualcun@ ancora crede siano portatori di ideali addirittura definiti “comunisti” soltanto perchè qualcuno di questa vecchia classe politica ha portato avanti le lotte del ’68 e sfilava nelle schiere del PCI) idolatrano la destra post missina.
L’Italia in cui si alimenta l’odio verso chi non è nato sul nostro stesso suolo ed è visto come usurpatore di lavoro ed usurpatrice di mariti/compagni/fidanzati. Astio continuamente tenuto in vita da ideologie fasulle ed insulti che escono dalla bocca di chi dovrebbe rappresentare una parte dell’elettorato (per chi ci crede nelle elezioni).
L’Italia che finge di indignarsi davanti al suicidio di un omosessuale, di una lesbica. L’Italia bigotta del “è contro- natura che due persone dello stesso sesso si amino”, ma che va poi alla ricerca di quello che critica per soddisfare ciò che definisce “perversione”, o toglie gli abiti del moralizzatore o della moralizzatrice una volta levata la tonaca.

L’Italia “al femminile” previsto dalle donne democratiche e di destra: tutte casa, chiesa, verginità. Con un’etica opaca. L’Italia del decreto anti femminicidio nel quale la difesa dall’orco è prevista solo se ricalchi un determinato tipo di donna: mamma, incinta, convivente.. sarai difesa, anzi potresti essere difesa. A patto che riescano ad intervenire prima che il tuo compagno o tuo marito o chicchesia ti sferri una pugnalata dopo l’ennesima minaccia. Nel Paese che sembra una scarpa (cit. The Zen Circus) ancora qualcun@ si permette di criticare se non ti sei ribellata subito alle violenze del “tuo lui” senza mai approfondire il discorso di cosa significhi subire una violenza psicologica o fisica, o nei casi peggiori entrambe. Ma poi, giusto perchè è sempre così semplice parlare se le cose hai la fortuna di viverle da fuori, chiudono i centri anti- violenza.
L’Italia delle deputate che si pongono a difesa delle donne e dell’art. 194, ma  non ricordano di appartenere alle file di quei partituccioli che hanno votato o non si sono opposti ai tagli legati alla sanità e non hanno proferito parola sula terza “Marcia dei/delle pro-life”.
Lo stivale emancipato dove chiudono i consultori e negli ospedali sono sempre più presenti gli obiettori di coscienza (che dovrebbero prima revisionare il proprio io prima di puntare il dito contro chi chiede un normale servizio che un Paese civile dovrebbe concedere) grazie ai quali si sta ricorrendo di nuovo alla “mammana”, o meglio l’aborto clandestino. Il Paese che non è a misura di donna, nemmeno sul lavoro: nessuna garanzia superato il “bonus” consentito per i primi tre mesi dal parto, e lavori part- time dove sei più “sfruttabile” e sottopagata; che poi accetti perchè l’indipendenza economica, in un certo senso, è legata anche alla tua autonomia ed incolumità fisica.

L’Italia del 40% dei/delle giovani disoccupat@  e senza futuro, i quali sono però meno importanti del tema “elezioni anticipate sì- elezioni anticipate no”. Di Letta che racconta di quando non è stato riconosciuto, tanto per darsi un tono da finto umile ma da grande ipocrita come tutto il Pd. Di una fantomatica sinistra che per più di 20 anni si è battuta contro Berlusconi non facendo altro che alimentarne lo spropositato ego. L’Italia che tiene più all’amicizia degli opportunisti alleati americani più che alla salute dei suoi territori devastati e di chi li vive, dando il via ad un’ inutile centrale Muos. L’Italia che nel suo art.1 Cost. afferma a gran voce di fondarsi su quel lavoro mancante; un’assenza che genera la disperazione di chi vive il dramma di non riuscire a vivere più dignitosamente, giungendo a compiere atti disperati.
Il Paese dei sindacalisti che si svegliano in ritardo: chiamano ora lo sciopero generale, minacciano le occupazioni delle fabbriche la metà delle quali si è trasferita all’Estero e l’altra, invece, ha chiuso per fallimento. L’Italia delle tasse che soffocano, della lotta all’evasione fiscale valida soltanto per i piccoli- medi imprenditori perseguitati da banche, Equitalia, e dal racket.

Una penisola verdeggiante e circondata dal mare, ma che non ha rispetto per gli scenari bellissimi che la natura è stata capace di donarle: piani regolatori inesistenti, speculazioni territoriali che hanno devastato i paesaggi prima mozzafiato. La costruzione di opere utili soltanto per investire quel troppo denaro poi mancante; frutto di uno sporco riciclaggio compiuto dalle mafie che tanto massacrano la nostra popolazione. Soldi macchiati di sangue, sebbene i tanti moralisti poi ci passino sopra e facciano finta che non sia accaduto nulla di così gravi.

L’Italia giusta, corretta, rivoluzionaria, diffonditrice del verbo sui diritti umani e sulla non violenza: solo nel caso in cui le barricate non vengano innalzate a casa sua, però. E lo vediamo, è sotto gli occhi di tutt@ come sia facile essere “forti con i deboli” (cit. Livio Pepino); e il debole è chi appartiene al basso: i precari e le precarie, i disoccupati e le disoccupate, chi lavora, chi ha una laurea e chi non ha un titolo di studio, gli studenti e le studentesse, i soggetti lgbtq, le donne. La maggior parte della società. E’ sempre debole la moltitudine delle persone che si unisce e si ribella, rivendicando nelle piazze il riconoscimento dei propri diritti oramai negati.
La realtà è che nelle lotte non si vede debolezza, ma solo un’immensa forza di cambiamento che viene spesso stroncata con una forte repressione perchè terrorizza i forti. Arresti ai No Tav, le botte in mezzo alla strada da parte delle guardie, i maltrattamenti nelle carceri, denunce su denunce per chi si attiva gridando un cambiamento che provenga dai soggetti oppressi, l’art. 1 del codice penale che ti identifica come terrorista solo perchè sei sceso o scesa in corteo e chiedevi solo di arrivare dove ci sono i poteri più grossi per fargli sentire le tue ragioni. Il Paese dove il diritto all’abitare è messo in discussione e sempre più sono le famiglie e le persone costrette a vivere sotto ai ponti o in una macchina perchè i debiti li hanno costretti ad abbandonare le proprie abitazioni; e che tante volte riescono a trovare riparo in edifici abbandonati o in appartamenti rimasti invenduti grazie alle occupazioni. Il Paese in cui se occupi per avere un tetto o per elargire quei servizi che lo Stato ha dimenticato di offrirti vieni paragonato ad un delinquente o ad un parassita della società.

Il Paese di chi si contraddice e di chi lotta contro il perbenismo con cui molti e molte si sciacquano la bocca.

L’Italia che viene difesa da chi ormai l’ha venduta in pasto alle manovre di austerity, lasciandola nelle grinfie di speculatori e approfittatori. Ma che appar

tiene a chi lotta e farà di tutto per riprendersi tutto quello che gli è stato tolto.

 

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Communia resiste! Non ci fermerete mai!

Communia è cresciuta per mesi nel quartiere di San Lorenzo, dove la cittadinanza aveva apprezzato la nascita di un centro sociale che si occupasse di mutuo soccorso e bloccasse la costruzione del solito inutile palazzone,frutto della speculazione edilizia.
Sportello legale, sportello psicologico, scuola popolare, aula studio che dava ai tanti studenti e alle tante studentesse la possibilità di avere un posto per poter studiare, laboratori dove si insegnava l’arte del riciclare beni inutilizzati, videolab, corsi di yoga e di arti marziali.. tutto questo gratuitamente.. Festival di Letteraria, serate all’insegna di eventi culturali allietate da buona musica e tanta compagnia.
Communia è un progetto politico con cui si evidenziavano le terribili lacune di uno Stato assente. Communia, nei locali delle ex Fonderie Bastianelli (e ricordiamo che sono patrimonio culturale industriale archeologico), aveva trovato il suo posto “materiale” e ci abitava con gli innumerevoli volti che, durante 5 mesi di occupazione, avevano attraversato quegli ambienti.
Perchè Communia era un luogo di ritrovo, e diventava sempre più un punto di riferimento per le tante persone che abitano quella zona di Roma. E non solo.

Oggi c’è tanta tristezza, qualche lacrima amara.. la rabbia di vedere come sia stato infame sgomberare un centro sociale, un luogo occupato e restituito alla popolazione mentre Roma è deserta e solitaria. Triste vedere come il nuovo sindaco, Ignazio Marino, taccia su quanto accaduto. Triste rendersi conto di come non si presti ascolto ai bisogni, alle richieste e alle necessità dei cittadini e delle cittadine, e si pieghi la testa davanti a soldi, ricatti, palazzinari assetati di denaro. Triste leggere come la Questura abbia giustificato lo sgombero con la scusa dell’inagibilità mentre operai privati smantellavano bagni, muri e quanto altro costruito in queste tante settimane.

Ma nulla è perduto. Se c’è malinconia, esiste anche la voglia di lottare che non abbandona mai chi vuole vedere un mondo diverso e sa che è possibile.

COMMUNIA non finisce qui. Communia riparte. Communia è vita.
Avranno anche svuotato le mura delle fonderie, ma Communia tornerà più forte che mai.. UN SOGNO DIVENTATO REALTA’ NON FINISCE QUI…
UN SOGNO REALIZZATO RESISTE!

 

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Pubblicato da su agosto 16, 2013 in Uncategorized

 

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A Carlo… GENOVA NON E’ FINITA!

GENOVA G8 2001: sono ormai trascorsi 12 anni, eppure resta una storia con un finale sospeso. All’epoca ero solo una bambina, ma ricordo ancora come un sogno le immagini che mandavano in onda durante i tg. Giovan@ colorati, gente di ogni età che manifestava con striscioni, volti di persone allegre e saltellanti, frasi come “no global”, “another world is possible.” Per la prima volta sentivo il termine <<globalizzazione>>, che a me faceva pensare al mondo in un modo che poco mi piaceva.. c’erano troppe zeta; ma ovviamente non comprendevo il significato di tutte quelle parole così strane. Chiedevo a mia madre cosa stessero facendo tutt@ quell@ che chiamavano “manifestant@”, perchè erano tutt@ li, e lei mi rispondeva che erano arrabbiat@ con i capi delle nazioni e che volevano cambiare il mondo. A me pareva tutto così strano e diventò ancora più difficile da capire quando, ad un certo punto, trasmettevano scene scure e dense di fumo, descrivevano delle persone bardate e vestite di nero e le chiamavano “black bloc”, poi parlavano di ferit@, e di un ragazzo morto ‪#‎Carlogiuliani‬. Carlo Giuliani aveva l’età che io ho ora, cioè 23 anni, ed è stato ammazzato dal carabiniere Mario Placanica perchè aveva un estintore in mano e “voleva scagliarlo sulla camionetta dell’arma”.
“Queste cose non si fanno. Quello li era un violento e ha fatto la fine che si meritava. Non si toccano le forze dell’ordine. Quei poveri uomini lottano per difendere lo stao dalla violenza, vanno in giro per difendere pure voi, si sacrificano per la Patria e per la giustizia. Dovete onorarli e avere rispetto per le divise”, disse il mio professore quando tornammo a scuola e qualcun@ fece domande sul G8.
Ricordo come la sua risposta non mi era affatto piaciuta perchè per me era un ragazzo. Per me i giovani ventenni di inizio 2000 avevano l’immagine di mio fratello, dei suoi amici e delle sue amiche. E poi non trovavano giusto dire che “se l’era meritata”. Aveva dei genitori, forse una sorella che lo spettava la sera come facevo io, una vita intera e magari anche una ragazza. Ma ci stavano solo indottrinando, come tutte le volte in cui invitavano le forze del disordine a scuola a raccontare di come arrestassero i ladri e gli assassini e i tossici, che la pistola si usa solo se qualcuno tenta di ucciderli, che le botte non si danno.
Loro i buoni che si arrabbiano solo se un@ fa il cattiv@, insomma.
“Fanculo”, avrei detto qualche anno dopo.
Sempre tempo dopo ho capito che Genova non aveva finito le sue violenze in un omicidio, ma aveva proseguito ancora su una scia di sangue nella scuola Diaz e a Bolzaneto. Amnesty International ha definito quei giorni come “La più grave sospensione dei diritti umani in Occidente dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Ma nessuno ha parlato. Anzi si, lo hanno fatto: ma per condannare chi aveva rotto una vetrina (chi, poi? Uno o una a caso) ad anni di galera. Tanto, la divisa non si processa. Sono tutti assolti, sebbene siano stati coinvolti.
Resta solo il dolore nel rivedere quelle immagini. Perchè carlo Giuliani è stato ucciso per aver provato a cambiare il mondo, perchè che potesse esistere un sistema alternativo a quello che viviamo.
Un estintore, che chissà non arrivasse proprio dagli omini neri http://marcoaru.blogspot.it/2008/07/chi-si-rivede-lestintore-di-piazza.html. Ma poi non bastava sparare senza motivo, perchè hanno dovuto calpestarlo per ben due volte con una camionetta. Tanto quel carabiniere era “un povero ragazzo”:già, era così una brava persona che adesso è indagato per abuso e violenza sessuale sulla figlia di 10 anni. Carlo,alla fine era uno del “blocco nero”. “Uno a zero” dirà una poliziotta con annessa risata. Tanto che fa se chi stava dormendo nella palestra della scuola Diaz è stato massacrato e poi condotto a Bolzaneto per tre giorni venendo torturat@ e le ripercussioni a livello socio- psicologico che ha avuto sono state devastanti? Tanto hanno servito lo Stato, loro. “Queste cose non si fanno”. Ma a quale legge hanno obbedito, avendo oltrepassato la soglia limite dell’umanità? E quella la oltrepassano sempre, ad ogni manifestazione. E poi ci sono i filosofi, chi ha la verità in mano che parla, giudica e condanna. Ma è sempre solidale con le barricate delle rivolte dei Paesi vicini.
Perchè loro vogliono avere sempre ragione, anche se sbagliNO: Anche se uccidono di botte un ragazzo per pochi gr di droga. Anche quando in quattro violentano una donna in una caserma. Anche quando insultano noi ragazze durante i cortei.
Io so solo che per Carlo e per tutte le vittime del G8 2001 non c’è stata giustizia, ma solo una premiazione per i carnefici.

http://https://www.youtube.com/watch?v=UKHyFiQDpgI

 
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Pubblicato da su luglio 20, 2013 in Uncategorized

 

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Colpo di pistola

Il colpo di scena è arrivato. Uno sparo, e subito il panico.Al Quirinale si giura in un’atmosfera solenne, regale, sfarzosa.. e la gente non ne può più.

Un uomo disoccupato e con un matrimonio fallito alle spalle, stamattina ha sparato. E’ stato etichettato come pazzo, e la tv perbenista si sta dividendo in due fazioni: chi lo condanna e si sente vicin* ai carabinieri, che fanno solo il loro dovere (di servi) e chi prova un senso di compassione, spregevole e diabetica.

Si è gridato all’attentanto, Alfano ha subito articolato il suo bel discorsetto rasserenando tutti e tutte che il Paese è al sicuro.. ma intanto, si è urlato all’allarme terrorismo.

Credo che l’episodio di oggi sia indice di quanta disperazione ci sia nel nostro Paese, e provo un sentimento sospeso a metà, tra rabbia e dolore.
Quel carabiniere, dicono, ha perso la moglie due mesi fa ed ha una figlia di 23 anni.. chi ha sparato ha perso tutto. Due uomini, due storie che raccontano di un’Italia che non ce la fa più. Chi indossa una divisa mettendosi al servizio di uno Stato che ti sfrutta e usa a proprio piacimento, rendendoti falso onore e riempiendosi la bocca di belle parole, ma che poi continua a lucrare sulle tue spalle e ad illuderti che la gente, chi si oppone al sistema, sia il vero male da abbattere.

E un altro uomo che ha deciso di sparare perchè lo Stato gli ha tolto tutto, inclusa la voglia di vivere e di andare avanti.

Ci stanno lasciando senza speranza, a scannarci tra di noi.

E ancora devo pensare che al Parlamento le cose verranno messe a posto?

 
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Pubblicato da su aprile 28, 2013 in Uncategorized

 

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Digressione

Sabato pomeriggio mi trovavo a Communia (un progetto che nasce nel quartiere di San Lorenzo trovando casa nell’ex Fonderia Bastianelli, un posto che vuole essere sottratto alla speculazione edilizia e restituito alla cittadinanza) quando intorno alle 19 le notizie riguardo alle migliaia di persone che stavano invadendo il centro di Roma assumevano un aspetto sempre più allettante.
In corteo ci muoviamo alla volta di Montecitorio:una piazza piena, gente incazzata e urlante, politici fuggitivi che mostrano senza ritegno la propria codardia scappando per uscite secondarie.
E’ bastato un tweet di Grillo a radunare migliaia di persone spaesate e sbigottite: c’erano e c’eravamo tutti, tranne il loro leader.
Le sfumature politiche di appartenenza sembravano essere molte; non è stato difficile orecchiare frasi poco gentili nei confronti dei giovani dei centri sociali: non capiscono di politica e stanno qua. Peccato per loro però, perchè di certi argomenti ne discutiamo dagli albori.
Ho provato compassione mentre ascoltavo la gente chiedermi “Ma non vieni a p.zza del popolo? Noi siamo quelli di Grillo! Lui verrà”. Ecco, proprio quel “lui verrà” che lo fa tanto “el salvador” mi ha provocato un senso di tristezza- tenerezza: credono veramente che lui sia il cambiamento. E invece non è arrivato… Grillo, quelle piazze, le ha viste da lontano sabato sera. Perchè, mi chiedo? Ha forse paura di non tenerle? E’ colui che sembra solo essere contro il sistema, ma invece lo sta proteggendo o, comunque, contribuisce a mantenere intatto l’ordine delle cose?

Una cosa, però, l’ho vista: la rabbia della gente. Perchè ci stanno finendo di levare tutto. Inclusa la dignità: quando non hai più un lavoro, ti sfrattano da casa o ti staccano ogni tipo di rifornimento perchè non puoi pagare un servizio.. allora ti stanno svuotando lentamente.

Credo che torneremo ancora nelle piazze. Scenderemo un’altra volta ad affollare le strade. I nomi del nuovo governo non mi regalano soddisfazione: uno sporco accordo tra Pd- Pdl e Scelta Civica, ossia un governo tecnico. Non so se mi faccia più schifo il partito democratico o quello di Berlusconi. Hanno preso in giro l’Italia per anni, fingendo di essere in lotta come i Montecchi e i Capuleti, per poi giungere ad un intrallazzo pur di non perdere la poltrona. A favore delle banche, hanno lasciato che anche Monti si inserisse nel loro piano e sono stati compatti per eleggere di nuovo Napolitano, favorele al governo tecnocratico e dei bachieri.

Da governo tecnico a governo politico, ma la solfa è sempre la stessa. Le elezioni non sono servite a nulla. Il dissenso della popolazione è stato forte, ma pare non vogliano capire… il pdl torna ancora tra i banchi del parlamento, e la stessa sorte tocca agli amici di Monti e a quegli altri buffoni del pd. Inutile mascherare lo schifo dicendo che, per la prima volta, abbiamo un record di quote femminili. Non è questa una politica femminista! Ma solo una maschera.. un appiglio usato per indorare la pillola di quello che sarà un governo di poca durata.

E se il Grillo non fa cucù

 
 

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Digressione

Sono trascorsi quasi cinque anni dalla maturità..
Era il 2008, e nessun* di noi sapeva cosa sarebbe accaduto. Ricordo ancora il profumo dell’estate che arrivava, la voglia di finire le scuole di superiore e diventare “grandi”: chissà che ci aspettavamo da quel mondo; forti e indistruttibili come ci sentivano. Pieni di noi.
Nulla poteva andare male.. ci attendevano gli anni dell’università, della vita da persone adulte e indipendenti, del sesso, del fare tardi a casa senza nessuno che ci controllasse.
Quel mondo, così ovattato dove ci avevano cresciut*, era bello e intangibile.

Non è andata così. In questi anni non so quante cose siano cambiate: dai rapporti interpersonali, allo sviluppo interiore.. per finire, poi, a vivere con coscienza una delle peggiori parentesi della storia italiana.

La depressione, lo scontro con una realtà troppo distante da ciò che avevi immaginato. Convivenze difficile, ostili. Gente folle. Una facoltà, quella di Legge, che ragiona in un senso opposto al significato di democrazia e libertà; bei termini, coi quali la gente che studia codici e libri si sciacqua la bocca. Parole, articoli, che si uniscono a termini del 1300: forse non erano conosciuti manco da Dante e Virgilio in persona. Un ambiente del cazzo, e scusatemi il termine. Mi è salita la nausea: sembra che siano tutti e tutte già avvocati e magistrati. Non si riusciva a fare amicizia con nessuno, perchè prima passavano il tuo armadio sotto il radar delle più costose marche. Se non hai Prada, sei very out!

Gli amori non sono stati così felici e puliti come si erano immaginati: nessun ragazzo sincero e amorevole, ma solo una bestia che per svuotarsi le palle è riuscito a prenderti con la forza fisica, le illusioni e la menzogna. Non una parola affettuosa, ma solo insulti e violenza psicologica. Una grande cicatrice. Tutto qua.

L’anoressia, il cibarsi di tutto quello che ti trovi davanti, e di nuovo i digiuni (che ancora proseguo per un forte senso di sporcizia), la palestra..

E poi, una bella parentesi: il volontariato in ospedale, e i compagni e le compagne del collettivo. Lottare nel nome di un ideale comune, insieme, uniti. E provare un forte senso di nostalgia per questo presente che diverrà passato.

Ecco, ho capito. Non riesco a godere della mia età perchè penso al dopo. Ho una fottuta paura di quello che sarà, di ciò che non si farà più.

Temo i giorni, ma soprattutto gli anni che verranno.. le persone che se ne andranno. E, in fondo, io sono un’egoista egocentrica. Non voglio sentire il dolore,e mi piace vivere nell’utopia che ogni cosa sia per sempre.
Tocca andare in analisi, se non pongo un freno a tutto questo devastante stato d’animo.

 

Time

 
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Pubblicato da su aprile 2, 2013 in I'm, Personale, Storia, Università

 

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Al di là del Buco

Alla 27esimaora sfugge che le donne non siano ricche, che in Italia ci sia una percentuale altissima di donne che non lavorano, una su due, non bruscolini, e che molte neppure cercano più lavoro perché sono cadute in depressione, perché non troverebbero comunque niente, perché hanno messo qualifiche, titoli di studio, esperienza in un cassetto e sono lì a fare quello che il welfare ordina: donne ai lavori di cura, in casa, e uomini a mantenere la famiglia.

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Pubblicato da su marzo 25, 2013 in Uncategorized

 

Con questi presupposti… a quando la rivoluzione?

Sono stati giorni difficili. Duri da digerire, da sfogliare e riguardare.
Ho sentito addosso tutta l’umiliazione, l’emarginazione che si può provare a non essere compreso da nessuno. Ad essere guardata come un’aliena.
Sembra che si predichi ciò che accadrà, come Cassandra.
Ti fanno sentire pazz@, scansafatiche.. “andate a studiare. Siete dei violenti”.

Si accettano 30 squadristi in una facoltà di legge, ma si inveisce contro chi vuole cacciarli via.

A volte mi chiedo a cosa serva sgolarsi, urlare, gridare. Mi chiedo perchè la gente sia così ottusa, da incontrarti per strada ridendoti in faccia perchè ti ha riconosciuta.

Spesso mi dicono “non cambierà nulla. Non ci sono stati miglioramenti con chi ci ha provato prima di voi a scendere nelle piazze per chiedere e realizzare il cambiamento di questo Paese, ma non ci è riuscito. Sei in Italia, figlia mia.”

Io non ce la faccio. Non mi arrendo. Non riesco a piegare la testa. Sarò un utopista, una ribelle, una persona che a certi compromessi proprio non riesce a scendere.
Come si può, diamine! Come si può barattare la cultura, la democrazia, la propria libertà per la violenza e l’ignoranza?

Ma in quale società malata sto vivendo? Guardo alla Spagna, ai tanti e alle tante giovani che sono scesi nelle strade per protestare contro l’austerity e le politiche che stanno togliendo dignità alle proprie famiglie e al loro futuro. Poi mi sveglio, e mi rendo conto che sto in Italia. Qui, in un Paese per tanti versi del cazzo. Per i corridoi della mia facoltà vedo solo tante ragazze e tanti ragazzi che già si sentono magistrati: borse di pelle, Hogan, borsa di prada.. all’inizio di questo percorso stavo male per tante ragioni, ma anche perchè non riuscivo a fare amicizia con nessuno. Ti guardavano dalla testa ai piedi, come se il tuo valore fosse minore perchè calzavi le Converse. Con il tempo ho imparato a conoscerli, a capire che ero io calcolare loro.. che era gente chiusa e fine al suo mondo piccolo, piccolo. Che non sa guardare oltre il proprio naso. E sono andata avanti.

E questo è solo un esempio. Ma è possibile che si resti inermi, fermi, passivi mentre qui chiudono gli ospedali? E’ possibile che nessuno si incazzi, se l’università e la scuola pubblica vengono smantellate?
Perchè distruggono i nostri sogni, e continuiamo a restare qui, senza dire nulla?

 

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27 GENNAIO 2013- SONO PASSATI QUASI 70 ANNI, EPPURE….

Però, a pensarci bene, la “Giornata della Memoria”, così come tante altre date del ricordo, suonano di ipocrisia.

Si tramandano racconti, foto, storie che suscitano commozione perchè danno un nome e un volto a ciò che, spesso e volentieri, viene ad essere inteso solo come un freddo numero.

Eppure, però, pare che tutte le scene e le notizie agghiaccianti che tanto ci fanno restare indignati, non ci abbiano insegnato nulla e, addirittura, anche una giornata commemorativa può diventare uno strumento di divisione; recando con sè, frammenti di tutte quelle cose negative dalle quali è stata costruita.

La Shoah non è solo degli Ebrei.L’Olocausto è stato di tutte le persone rifiutate e perseguitate da una società per la quale erano “troppo imperfette”: disabili, “zingari”, omosessuali, comunisti.

Ancora oggi si continua a portare avanti quella crudeltà; che continua ad esistere ogni volta che su un muro compaiono una celtica o una svastica. Esistono tutte le volte in cui si incita all’odio; si inneggia al Fascismo e al Nazismo, emulando Mussolini o Hitler.

Le persecuzioni razziali, politiche, sessuali sono ancora vive negli occhi de* bambin* e della popolazione palestinese e di ogni zona colpita dalla guerra; negli omicidi, nelle percosse, negli insulti verso i soggetti lgbtq; nella violenza sulle donne;nell’odio verso chi ha manifesta e ha un’idea politica diversa; nell’avversione nei confronti di chi ha un credo religioso differente, o semplicemente crede in un qualcosa o qualcuno; nel disprezzo per chi ha un colore della pelle diverso e per i senza tetto. E così accade che anche i nostri luoghi, le piazze, le strade, le case diventino dei Lager. Abbiamo continuato a creare innumerevoli campi di concentramento e di prigioni, in questi quasi 70 anni.. restando, però, fedeli a critiche sterili.

Continuano a restare in un secolo che è avanzato solo tecnologicamente, ma forse veramente poco sul lato culturale e per niente su quello umano. E non basta dire “mai più, io ricordo, io non dimentico” per cambiare le cose, se prima non educhiamo e informiamo, cambiamo questa società.Non ce ne rendiamo conto ma ogni giorno, mese, anno è il “Giorno della Memoria”.

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Pubblicato da su gennaio 27, 2013 in Attualità, Storia

 

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