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Nell’Italia dalle civili incoerenze

«La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale.»

Queste le parole che Amnesty International dedica all’Italia all’indomani dell’apertura del processo sui fatti avvenuti nella scuola media “Armando Diaz” e nel <<lager>> di Bolzaneto durante il G8 di Genova 2001 che, a distanza di 13 anni, resta ancora una ferita da cui esce un sangue vivo più che mai quando pensiamo a Carlo Giuliani.

Parole dure che mostrano il vero volto di un Paese che ama definirsi civile, all’avanguardia, attento ai diritti dei suoi cittadini e delle sue cittadine, ma nel concreto fin troppo spesso operante in una direzione opposta.
Uno Stato malato in possesso di una Costituzione sulla carta definibile pefetta, impeccabile. Ma non viene rispettato più neanche uno soltanto dei suoi articoli, ed è sempre più violata la sua esistenza messa oramai in ridicolo.

Un’Italia che si dichiarò essere antifascista, fondata su valori anti- razzisti e anti-discriminatori. Un’Italia che invece apprezza i raduni neofascisti, permette marce di gruppi appartenenti all’estrema destra di mezza Europa, fa entrare i fascisti nelle Università e in ogni posto punendo chi si oppone; dove sindaci di centro- sinistra (che qualcun@ ancora crede siano portatori di ideali addirittura definiti “comunisti” soltanto perchè qualcuno di questa vecchia classe politica ha portato avanti le lotte del ’68 e sfilava nelle schiere del PCI) idolatrano la destra post missina.
L’Italia in cui si alimenta l’odio verso chi non è nato sul nostro stesso suolo ed è visto come usurpatore di lavoro ed usurpatrice di mariti/compagni/fidanzati. Astio continuamente tenuto in vita da ideologie fasulle ed insulti che escono dalla bocca di chi dovrebbe rappresentare una parte dell’elettorato (per chi ci crede nelle elezioni).
L’Italia che finge di indignarsi davanti al suicidio di un omosessuale, di una lesbica. L’Italia bigotta del “è contro- natura che due persone dello stesso sesso si amino”, ma che va poi alla ricerca di quello che critica per soddisfare ciò che definisce “perversione”, o toglie gli abiti del moralizzatore o della moralizzatrice una volta levata la tonaca.

L’Italia “al femminile” previsto dalle donne democratiche e di destra: tutte casa, chiesa, verginità. Con un’etica opaca. L’Italia del decreto anti femminicidio nel quale la difesa dall’orco è prevista solo se ricalchi un determinato tipo di donna: mamma, incinta, convivente.. sarai difesa, anzi potresti essere difesa. A patto che riescano ad intervenire prima che il tuo compagno o tuo marito o chicchesia ti sferri una pugnalata dopo l’ennesima minaccia. Nel Paese che sembra una scarpa (cit. The Zen Circus) ancora qualcun@ si permette di criticare se non ti sei ribellata subito alle violenze del “tuo lui” senza mai approfondire il discorso di cosa significhi subire una violenza psicologica o fisica, o nei casi peggiori entrambe. Ma poi, giusto perchè è sempre così semplice parlare se le cose hai la fortuna di viverle da fuori, chiudono i centri anti- violenza.
L’Italia delle deputate che si pongono a difesa delle donne e dell’art. 194, ma  non ricordano di appartenere alle file di quei partituccioli che hanno votato o non si sono opposti ai tagli legati alla sanità e non hanno proferito parola sula terza “Marcia dei/delle pro-life”.
Lo stivale emancipato dove chiudono i consultori e negli ospedali sono sempre più presenti gli obiettori di coscienza (che dovrebbero prima revisionare il proprio io prima di puntare il dito contro chi chiede un normale servizio che un Paese civile dovrebbe concedere) grazie ai quali si sta ricorrendo di nuovo alla “mammana”, o meglio l’aborto clandestino. Il Paese che non è a misura di donna, nemmeno sul lavoro: nessuna garanzia superato il “bonus” consentito per i primi tre mesi dal parto, e lavori part- time dove sei più “sfruttabile” e sottopagata; che poi accetti perchè l’indipendenza economica, in un certo senso, è legata anche alla tua autonomia ed incolumità fisica.

L’Italia del 40% dei/delle giovani disoccupat@  e senza futuro, i quali sono però meno importanti del tema “elezioni anticipate sì- elezioni anticipate no”. Di Letta che racconta di quando non è stato riconosciuto, tanto per darsi un tono da finto umile ma da grande ipocrita come tutto il Pd. Di una fantomatica sinistra che per più di 20 anni si è battuta contro Berlusconi non facendo altro che alimentarne lo spropositato ego. L’Italia che tiene più all’amicizia degli opportunisti alleati americani più che alla salute dei suoi territori devastati e di chi li vive, dando il via ad un’ inutile centrale Muos. L’Italia che nel suo art.1 Cost. afferma a gran voce di fondarsi su quel lavoro mancante; un’assenza che genera la disperazione di chi vive il dramma di non riuscire a vivere più dignitosamente, giungendo a compiere atti disperati.
Il Paese dei sindacalisti che si svegliano in ritardo: chiamano ora lo sciopero generale, minacciano le occupazioni delle fabbriche la metà delle quali si è trasferita all’Estero e l’altra, invece, ha chiuso per fallimento. L’Italia delle tasse che soffocano, della lotta all’evasione fiscale valida soltanto per i piccoli- medi imprenditori perseguitati da banche, Equitalia, e dal racket.

Una penisola verdeggiante e circondata dal mare, ma che non ha rispetto per gli scenari bellissimi che la natura è stata capace di donarle: piani regolatori inesistenti, speculazioni territoriali che hanno devastato i paesaggi prima mozzafiato. La costruzione di opere utili soltanto per investire quel troppo denaro poi mancante; frutto di uno sporco riciclaggio compiuto dalle mafie che tanto massacrano la nostra popolazione. Soldi macchiati di sangue, sebbene i tanti moralisti poi ci passino sopra e facciano finta che non sia accaduto nulla di così gravi.

L’Italia giusta, corretta, rivoluzionaria, diffonditrice del verbo sui diritti umani e sulla non violenza: solo nel caso in cui le barricate non vengano innalzate a casa sua, però. E lo vediamo, è sotto gli occhi di tutt@ come sia facile essere “forti con i deboli” (cit. Livio Pepino); e il debole è chi appartiene al basso: i precari e le precarie, i disoccupati e le disoccupate, chi lavora, chi ha una laurea e chi non ha un titolo di studio, gli studenti e le studentesse, i soggetti lgbtq, le donne. La maggior parte della società. E’ sempre debole la moltitudine delle persone che si unisce e si ribella, rivendicando nelle piazze il riconoscimento dei propri diritti oramai negati.
La realtà è che nelle lotte non si vede debolezza, ma solo un’immensa forza di cambiamento che viene spesso stroncata con una forte repressione perchè terrorizza i forti. Arresti ai No Tav, le botte in mezzo alla strada da parte delle guardie, i maltrattamenti nelle carceri, denunce su denunce per chi si attiva gridando un cambiamento che provenga dai soggetti oppressi, l’art. 1 del codice penale che ti identifica come terrorista solo perchè sei sceso o scesa in corteo e chiedevi solo di arrivare dove ci sono i poteri più grossi per fargli sentire le tue ragioni. Il Paese dove il diritto all’abitare è messo in discussione e sempre più sono le famiglie e le persone costrette a vivere sotto ai ponti o in una macchina perchè i debiti li hanno costretti ad abbandonare le proprie abitazioni; e che tante volte riescono a trovare riparo in edifici abbandonati o in appartamenti rimasti invenduti grazie alle occupazioni. Il Paese in cui se occupi per avere un tetto o per elargire quei servizi che lo Stato ha dimenticato di offrirti vieni paragonato ad un delinquente o ad un parassita della società.

Il Paese di chi si contraddice e di chi lotta contro il perbenismo con cui molti e molte si sciacquano la bocca.

L’Italia che viene difesa da chi ormai l’ha venduta in pasto alle manovre di austerity, lasciandola nelle grinfie di speculatori e approfittatori. Ma che appar

tiene a chi lotta e farà di tutto per riprendersi tutto quello che gli è stato tolto.

 

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